"Solo quelli che sono così folli da pensare di cambiare il mondo, lo cambiano davvero"


17 novembre 2010

Il declino dell'Europa

La crisi del debito irlandese 
colpisce le banche italiane

Male in Borsa gli istituti che hanno investito nei titoli di Stato per gonfiare gli utili in tempo di crisi

L’Irlanda sull’orlo del crack. La Grecia, scampata di poco alla bancarotta, che non risce a rimettere ordine nei suoi conti. Mentre il Portogallo è costretto a lanciare l’allarme sul suo bilancio pubblico. Insomma, è notte fonda sull’Euro e sull’Europa. E certo non aiutano a smorzare la tensione le parole pronunciate ieri dal presidente Ue, Eduard Van Rompuy. “I problemi di bilancio di alcuni Paesi potrebbero mettere a rischio la stessa sopravvivenza dell’euro”, ha dichiarato van Rompuy alla vigilia dell’importantissimo vertice Ecofin, la riunione dei ministri delle Finanze dei 27 Paesi membri, in programma oggi. Il problema è quello bilancio pubblico irlandese, a rischio default soprattutto a causa dei conti dissestati delle sue principali banche.
A questo punto l’ipotesi in discussione è quella di un’iniezione di liquidità a favore del governo di Dublino gestita dalla Ue. Obiettivo finale: far fronte a una ricapitalizzazione degli istituti di credito in difficoltà. I tedeschi però frenano, mentre i politici irlandesi tentano di sottrarsi alle misure di austerità che sarebbero imposte da Bruxelles in cambio degli aiuti.
Si vedrà, forse già oggi. In Borsa però sanno bene che anche il Portogallo se la passa male e la Grecia è tutt’altro che fuori pericolo.
Ma l’effetto domino finisce per colpire anche Spagna e Italia, percepiti come paesi a rischio. Ed ecco che il rinnovato allarme sul debito sovrano innesca un’ondata di ribassi che si concentra in particolare sui titoli finanziari. Innanzitutto le banche, quindi, che perdono terreno a Madrid, come a Parigi e Francoforte. E ovviamente anche a Milano. Dopo i pesanti ribassi di ieri, i titoli degli istituti più importanti oggi in Borsa hanno aperto la seduta con rialzi marginali, quasi sempre inferiori all’1 per cento. Come dire che gli investitori, già pessimisti in partenza sul nostro sistema bancario, adesso che trema l’euro si fidano ancora meno. L’esposizione di queste banche verso i Paesi nella bufera, (Irlanda, Portogallo e Grecia) non sembra al momento allarmante. Intesa a giugno (ultimo dato disponibile) aveva in portafoglio titoli greci per 650 milioni, su attività complessive per decine di miliardi. Il rischio Irlanda del Monte Paschi supera di poco i 180 milioni, mentre il Banco Popolare nei conti semestrali ha dichiarato bond greci per 83 milioni.
Non sono questi però i numeri che mettono in allarme analisti e investitori. Il fatto è che le banche nostrane da un anno e più stanno acquistando titoli di stato italiani in misura molto superiore al passato. Semplificando al massimo si può dire che i banchieri risparmiano sui crediti alla clientela per accumulare attività finanziarie, in gran parte obbligazioni pubbliche relativamente sicure e a rendimento elevato. Quello che ci vuole per dare una spinta ai profitti in una fase di magra, a dir poco, dell’attività tradizionale. Qualche esempio. A fine settembre Intesa dichiarava attività finanziarie per 188 miliardi, quasi il 20 per cento in più di fine 2009. Le attività negoziabili del Monte dei Paschi, per la maggior pate costituite da titoli pubblici, sono aumentate da 38 a 54 miliardi nei primi nove mesi di quest’anno.
Tutto bene, se non fosse che le turbolenze sui mercati finanziari hanno cambiato le carte in tavola. Se c’è bufera sull’euro, se Irlanda e Grecia temono il crac, anche il rischio Italia aumenta, come dimostra l’aumento a livelli record del differenziale di rendimento tra i Btp italiani e i bund tedeschi. Risultato finale: calano le quotazioni dei titoli di stato italiani, proprio quelli di cui hanno fatto incetta gli istituti di credito. In teoria, quindi, c’è la possibilità concreta che le banche siano costrette a svalutare i loro attivi per allinearli alle nuove quotazioni. Va detto che i manager bancari dispongono di margini di manovra piuttosto ampi nella classificazione contabile dei titoli proprio per evitare pesanti perdite provocate dall’adeguamento ai prezzi di mercato.A ben guardare però dai bilanci emerge già qualche dato negativo. Nella semestrale aggiornata a giugno, il Monte dei Paschi segnalava che il patrimonio netto del gruppo si era ridotto di 881 milioni per effetto della svalutazione di titoli di stato italiani. E l’effetto negativo è proseguito anche nei mesi estivi se è vero, come risulta dalla relazione trimestrale di settembre, che l’apposita riserva da valutazione si è ridotta di altri 70 milioni circa. Anche nei conti di Intesa questa stessa riserva ha perso circa 180 milioni in nove mesi a causa della svalutazione di titoli in portafoglio. Sono perdite consistenti, ma non drammatiche. Almeno per adesso.
Nel frattempo però la Banca d’Italia ha lanciato un salvagente agli istituti. Un provvedimento ad hoc varato a maggio stabilisce che le minusvalenze sui titoli di Stato dell’area Ue non vanno detratte dal patrimonio di vigilanza, il parametro utilizzato per misurare la solidità dei bilanci. Un aiutino che al momento vale decine di milioni per le banche principali.


Di Vittorio Malagutti dal Fatto Quotidiano del 17 novembre 2010

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